Il bosco ferito,
sferzato da tempeste di bora,
ristagna e tremula
nei riverberi ondosi di fiume.
S’incunea, s’innalza,
s’incurva, avanza, s’increspa
sul pietrisco di riva
l’onda fredda spumosa.
Cortine di nubi sul Monte Miletto,
zolle di terra e solchi di neve
in pendio sui colli pił bassi;
isole di giunchi perdute
nel formicolio dell’onda;
cascine sparute sotto le serre verdi
e bianche con ceppi aguzzi di faggio
nella bocca del monte.
Mandrie disperse tra ginepri a brucar
licheni e falaschi sfalciati,
arsi di bruma,
nei recinti spinosi.
Il gracchiar dei corvi sovrasta
l’erpice abbandonato,
metafora di chi nel silenzio s’aggrinza,
nella piana radura
dove a marzo ancora
fioriranno le primule.